Per parlare di THE QUEST dobbiamo partire da due presupposti: siamo nel 2021, il primo disco degli YES è stato pubblicato nel 1969, 52 anni fa. È il primo disco in studio che, causa forza maggiore, non vede la presenza di Chris Squire….e il fatto che il sottoscritto stia scrivendo il 4 marzo 2022, quindi ben 5 mesi dopo l’uscita del nuovo album, è puramente casuale 🙂
Queste premesse basterebbero per rendere unica l’ultima fatica degli YES, che si presentano con una lineup, l’ennesima, inedita: Jon Davison, Steve Howe, Goeff Downes, Billy Sherwood, Alan White (col supporto di Jay Schellen alle percussioni).
I puristi direbbero che ormai si tratta di una cover band, ma dipende sempre dai punti di vista, se pensiamo ai continui e repentini cambi di formazione che si sono da susseguiti appunto dal 1969 ad oggi. E comunque avercene di cover band con Steve Howe.
È un album di una band che invecchia, ma che si ascolta volentieri: più che discrete le trame musicali proposte, che alternano momenti di puro richiamo alla nostalgia del progressive più classico (alzi la mano chi non ha pensato agli ELP nella primissima entrata di The Ice Bridge), fino a toccare moderni suoni elettronici, musica classica e new age/caraibica. Il tutto probabilmente proposto in maniera “affrettata”, ai bei tempi sicuramente il materiale sarebbe stato sviluppato con maggiore profondità, andando ben oltre all’idea iniziale.
Un disco certamente terapeutico per la band, che affronta il periodo di stop forzato determinato dalla pandemia per fare un po’ di musica e completare delle idee che avevano già preso forma verso il finire degli anni duemiladieci; certamente pensato come “regalo” ai fan di lunga data, ma perché no anche indicato ad un novizio che non avesse mai ascoltato gli YES e che incuriosito da questa buona musica contenuta in un cd casualmente finito nelle proprie mani (o forse oggi sarebbe meglio dire ad una traccia fortuitamente precipitata nella playlist di Spotify) andrà a ritroso per scoprire quelli che sono i veri capolavori…quante volte è già successo?
I brani che a mio avviso offrono gli spunti più interessanti sono The Ice Bridge, subito piazzata all’inizio (anche come lancio di presentazione) come una botta nostalgica, per passare piacevolmente a Dare to Know, Leave well Alone, la ballad Future Memories (emozionante il video proposto con un viaggio nelle cover storiche), per concludere degnamente con A Living Island. Il secondo CD, a corredo, presenta 3 brani meno interessanti, con struttura più semplice e dal sapore vagamente beatlesiano.
In tutti questi passaggi, oltre al pregevole lavoro dell’eterno ragazzo Howe (impegnato anche nella produzione) mi piace fare una menzione particolare per Jon Davison e Billy Sherwood: il primo regala passaggi vocali a mio avviso di altissimo livello e sembra decisamente più integrato rispetto al precedente Heaven & Earth, il secondo suona molto bene il basso ed in molti passaggi, tenendo gli occhi ben chiusi e sognanti mi fa sentire tanto vicina la presenza di Chris, il suo mentore.
È un album degli YES, che in certi momenti sembra un album degli Asia (ci sono Howe e Downes), in altri percepisco la presenza dei Conspiracy con le note, anche vocali, di Sherwood….più in generale è un album di un gruppo che invecchia inesorabilmente, l’ho già scritto, ma si sforza di fare buona musica, il ché non è da sottovalutare.
Le tematiche sono legate alle bellezze del nostro pianeta, oggi più che mai in pericolo: tutto ciò è ben rappresentato da una copertina dal forte richiamo fantasy (diciamolo pure, anche il titolo lo è), firmata manco a dirlo da Roger Dean, il sesto YES!
Leave A Comment