13 settembre 1972 – 13 settembre 2022: Close To The Edge compie 50 anni!
Per parlare di questo album bisogna prima partire da un altro viaggio spazio-temporale: avete presente il Dream Team? Vi ricordate le Olimpiadi di Barcellona ’92, quella squadra di basket USA formata dalla selezione dei più grandi campioni NBA di quell’epoca? La squadra dei sogni, il team più forte di tutti i tempi, ogni giocatore era una star assoluta nel proprio ruolo dell’ultimo decennio, il solo scrivere i nomi di ciascun atleta ed immaginarli insieme fa venire i brividi ancora oggi…quella squadra vinse facilmente la medaglia d’oro praticamente giocando ogni partita come se fosse poco più di un allenamento, era troppo elevato il divario con le altre partecipanti.
Una gruppo così forte non si è mai visto nella storia di qualsiasi competizione sportiva a squadre e difficilmente sarà ripetibile….difficile da replicare anche perché troppe personalità così forti tutte insieme non potrebbero durare a lungo.
Ma perché scrivo questo, che non c’entra nulla con la musica e tanto meno con gli Yes?
Beh, signori miei, anche in questo caso, nel lontano 1972, seppur in altro contesto, ci troviamo di fronte ad un vero e proprio Dream Team, qualcosa di unico e irripetibile come il risultato di questo magnifico album che in molti casi ha cambiato la vita di chi lo ha ascoltato, certamente di chi scrive.
Siamo di fronte ad un gruppo di musicisti che per ragioni fortuite o artatamente indotte affinché ciò accadesse, si trovano in sala prove a lavorare insieme, quasi senza rendersene conto.
Ciascuno di loro è prima di tutto un virtuoso del proprio strumento, ma ancor di più un grande innovatore dello stesso strumento…innovazioni queste che come minimo influenzeranno tanti musicisti nella decade successiva.
In questo caso i nomi li facciamo eccome:
Steve Howe alla chitarra, Chris Squire al basso, Rick Wakeman alle tastiere, Bill Bruford alla batteria, tutti di età compresa tra i 22 e i 25 anni…chi li conosce sa, chi non li conosce ed è curioso vada a leggersi un po’ quello che hanno fatto questi signori e ciò che hanno introdotto nel modo di concepire l’approccio allo strumento.
Alla guida Jon Anderson, qualche anno in più degli ambiziosi ragazzi prodigio, il visionario che sapeva esattamente dove voleva arrivare e finalmente aveva i musicisti per farlo!
A completare il gruppo di lavoro due menzioni, doverose: Eddie Offord (ingegnere del suono) e Roger Dean (artwork copertina)…chi dei 2 sia il sesto YES credo che resterà un eterno dilemma!
La lineaup si riunisce nel 1971 e fa un po’ di stretching realizzando FRAGILE (scusate lo stretching) e dopo il secondo tour negli USA che ne segna una prima consacrazione, si chiude nuovamente in sala di registrazione all’inizio dell’estate 1972.
Ma ora veniamo al lavoro che nasce da questa “calda” estate: Close To The Edge è un rarissimo caso di disco senza una nota fuori posto, non un istante di troppo, un perfetto equilibrio tra incanto e sofisticazione, dolcezza e misticismo.
I brani sono 3, i minuti di musica sono 38.
La title track, una suite lunga quasi 19 minuti, il primo brano della produzione Yes a coprire l’intera facciata del disco, è certamente il punto più elevato mai raggiunto e che fosse un risultato senza precedenti era chiaro anche a loro stessi.
Da quale ispirazione nasca non è ben chiaro, in tanti hanno visto una connessione con Siddartha di Herman Hesse sicuramente l’interesse di Anderson in quel periodo per tematiche mistiche ha avuto un peso, ma i testi sono quasi impenetrabili, o meglio funzionali a ciò che più conta, ovvero la musica, che dopo tanta ricerca (5 anni di vita della band) raggiunge finalmente quella che è una visione globale, una costante ricerca della bellezza che finalmente vede il suo trionfo.
È difficile spiegare Close To The Edge dal punto di vista tecnico, non sono un musicista e quindi non ne ho le competenze, inoltre in giro per la rete si può già trovare tutto in maniera più che dettagliata.
La mia visione è volutamente emozionale, onirica e non potrebbe essere altrimenti…è la visione di chi non sa leggere una nota di musica ma è come se da una vita aspettasse di sentire proprio queste note, ogni volta come la prima volta!
Un brano strutturato in maniera camaleontica, che dall’iniziale cinguettio degli uccelli in riva al fiume parte con un intreccio orgiastico di assoli che si rincorrono, poi si incrociano e poi di nuovo ripartono per i fatti loro (apparentemente), per poi ritrovarsi ed alternarsi in momenti di riflessione, di dolcezza e solennità e quindi ripartire nuovamente verso delle linee che mai ti potresti aspettare.
Un esercizio interessante, che consiglio a chiunque volesse approfondire, è quello di ascoltare i singoli strumenti, estrapolandoli dal brano, cosa molto fruibile perché oggi si può trovare tutto facilmente anche su Youtube: è pazzesco immaginare che tutto questo messo insieme costruisca Close To The Edge!
E forse capisco perché Bill Bruford durante le registrazioni sbattesse la testa contro il muro in preda a crisi isteriche o Eddie Offord si addormentasse per ore sul banco del mix.
Il lato B del disco inizia con And You And I, un brano folk barocco che diventerà un altro grande classico degli YES, portando l’ascoltatore verso un altro viaggio siderale ed intima meditazione, uno dei momenti di più elevato romanticismo di tutta la produzione.
Infine Siberian Khatru, che a partire dall’insensato titolo è l’esatta testimonianza che i contenuti testuali sono funzionali solo ed esclusivamente alla musica e non a loro significato (che in questo caso proprio non esiste).
Spesso erroneamente considerato il brano tecnicamente più semplice del disco (forse è proprio il contrario) a mio modesto parere rimane forse il brano più rappresentativo dello “Yes Sound”, almeno quello del periodo classico.
Dopo l’esordio con Fragile alla cover si conferma definitivamente Roger Dean, creando e marchiando definitivamente il logo YES che tutti conosciamo ed uno spettacolare paesaggio surreale racchiuso dentro a verdi sfumature.
Il disco non rappresenta la fine del percorso creativo della band, ma certamente siamo davvero di fronte a qualcosa di irripetibile, infatti il Dream Team per come lo abbiamo descritto non esisterà più a causa dell’abbandono di Bruford (se non per la fugage reunion del ’91), il primo abbandono di una lunga serie. Ad ogni modo l’album proietterà gli YES nell’olimpo del rock, le annate 72-73 si riveleranno dorate in tutti i sensi, oltre alle prime posizioni di Close To The Edge nel nel Regno Unito e negli Stati Uniti, ciascun membro della band si prenderà il primo posto della rispettiva classifica (miglior bassista, miglior tastierista etc.). Non è poco, considerando che parliamo di un progetto musicale non propriamente commerciale.
Emblematiche da questo punto di vista le parole di Chris Squire: “Non so se gli YES sia accostabili al Rock&Roll, la nostra sfida era fare qualcosa di unico, senza seguire delle regole precise…io credo che gli YES siano un esempio per tutte quelle band che vogliono ottenere il successo percorrendo una strada differente”.
Questo “capolavoro verde” oggi compie 50 anni e bisogna dire che li porta proprio bene, ha ancora tanto da insegnare alle future generazioni e sono abbastanza convinto che tra qualche secolo verrà ammirato e studiato dal genere umano come oggi ammiriamo le opere di Mozart o Beethoven.
Per me è anche errato confinarlo al genere progressive, ma va ben oltre…audemars piguet fake è un disco rinascimentale…ed io rinasco ogni volta che lo ascolto, più o meno da 35 anni!
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